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La quarantena degli obesi chiusi in casa con il nemico

Di Ilaria Rosati

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Una serie di scatti fotografici che, messi in fila uno dietro l’altro, raccontano la realtà silenziosamente rumorosa di chi sta passando questi giorni di quarantena chiuso in casa in un faccia a faccia con il proprio nemico.

 

Ilaria Rosati, in collaborazione con la fotografa Laura Fasciani, raccontano per Metropolitan Magazine questo spaccato di cruda realtà che Manuel, e tantissime persone come lui, stanno vivendo. 

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Ragazzi, uomini, donne, bambini che si ritrovano, giorno dopo giorno, a fare i conti con se stessi e con i metri quadrati delle proprie abitazioni che sembrano condurli in una sola ed unica direzione.

 

Una sequenza fotografica suggestiva che racconta, senza giri di parole, come troppo spesso le persone affette da disturbi alimentari siano vittime di un frigorifero che, ora più che mai, sembra volerli risucchiare al proprio interno.


Un racconto improntato sull’analisi di alcuni elementi, comuni nelle abitazioni di tutti noi, che per le persone affette da obesità diventano una vera fonte di malessere: uno specchio, una bilancia, un frigorifero, un paio di jeans.

Photo Credits: Laura Fasciani

Per voi l’intervista a Manuel Califano per intraprendere insieme a lui un viaggio introspettivo capace di portare a galla un problema che riflette la realtà di moltissime persone: una quarantena chiusi in casa con il nemico.

La storia di Manuel: in quarantena con il suo nemico

 

Manuel ha venticinque anni e, dall’età di sei anni, ha dovuto imparare a convive con il proprio avversario: l’obesità. In questi giorni di quarantena però tutto si è complicato ulteriormente. Manuel è stato vittima di una lunga adolescenza fatta di chili in eccesso e di sorrisi maliziosi da parte di una società che ci impone il perseguimento di modelli perfetti senza possibilità di tolleranza per il diverso.

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Photo Credits: Laura Fasciani

Qualche anno fa, però, qualcosa è cambiato e finalmente Manuel era riuscito a trovare la propria motivazione nella musica che, da buona ancora di salvezza, lo aveva infatti condotto alla perdita di ben quaranta chili facendo scendere le lancette della sua bilancia sotto le tre cifre.

“Mi capitava di fare provini musicali e di essere scartato per il mio aspetto. E’ come se le persone non riuscissero ad andare oltre ciò che mostravo. Mi guardavano ma non mi sentivano. Ogni volta la stessa frase.. ero bravo ma non ero in linea con i canoni estetici fondamentali (a quanto pare) per una carriera da musicista. Questo mi ha condotto ad entrare in un gioco psicologico che mi ha imposto di rifiutare per ben due volte una chiamata importante per il provino di Amici (noto talent di canale5). Ero convinto che mi avrebbero scartato ancora una volta e non ero pronto ad accettare un altro no. Io non sono il mio peso ma ero consapevole che per gli altri contasse solamente questo”

L’amore incondizionato per la musica ha così portato Manuel a sfidare anche il più duro dei suoi avversari in un braccio di ferro con l’obesità. Una vera e propria metamorfosi che Manuel racconta senza esitazioni:

“Nel giro di quattro anni ero riuscito a perdere ben quaranta chili. Mi sembrava di sognare. Avevo finalmente costretto le lancette della mia bilancia a scendere sotto le tre cifre. Ricordo ancora il momento in cui, per la prima volta, ho letto sulla bilancia 98kg. Quello è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Mi sentivo invincibile”

Il numero del suo malessere: 135

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Poi, d’un tratto, una nuova ricaduta che lo ha condotto nuovamente al punto di partenza che si identifica in un numero ben preciso: 135kg.

Una ricaduta vissuta con la ludica consapevolezza di chi sa’ che non potrà salvarsi da solo e che il proprio nemico potrà essere battuto solamente con l’aiuto di un buon alleato: lo psicoterapeuta. Perché troppo spesso le lame più appuntite che Manuel ha dovuto sopportare erano mosse proprio dalle persone a lui più vicine:

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Photo Credits: Laura Fasciani

“Mi è capitato di sentir parlare alcune persone a me care con altre persone del mio peso. Sono state le lame più dolorose. Sentire il loro giudizio, i loro commenti mi ha atterrito. Troppo spesso si trattano le persone obese come fossero in qualche modo colpevoli della propria condizione. Sono tutti pronti a puntare il dito ma nessuno ti chiede mai Come stai? Perché mangi?“

“Uno dei momenti peggiori per me è quello dei pasti. E’ come se in quel momento si accendessero i riflettori su di me e questo crea tensione. Non riesco mai ad essere me stesso in questi momenti infatti i miei sgarri peggiori avvengono al di fuori della tavola”

Questi giorni di quarantena per Manuel, e per moltissime persone affetta dalla sua stessa patologia, sono particolarmente complicati.

Mangiare per lui non significa solamente rispondere al proprio senso di fame ma, piuttosto, dare risposta a tutta una serie di ansie e preoccupazioni che lo affliggono. Perché è proprio questo il punto chiave: ognuno di noi canalizza il proprio stress verso una direzione che per gli obesi conduce direttamente al cibo.

 

Un bombardamento mediatico e di stress psicologico che si traduce in un semplice gesto: l’apertura del frigorifero.

 

Così alcuni elementi comuni nelle abitazioni di tutti noi diventano per gli obesi una vera e propria sorgente di malessere che li costringe ad una convivenza forzata.

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Una quarantena troppo lunga da dividere con quattro elementi ingombranti:

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Photo Credits: Laura Fasciani

Lo specchio

 

Uno specchio coperto da un telo che impedisce il riflettersi di una realtà che lui stesso fatica ad accettare preferendo, di gran lunga, ammirare il proprio riflesso nello specchio del passato conservato in alcuni fotogrammi che gelosamente conserva. Guardare quelle foto, per Manuel, non significa solamente nostalgia ma anche, e soprattutto, malessere per aver ceduto nuovamente alla tentazione del cibo. 

Una testimonianza a colori di una battaglia vita sul campo e riposta nelle tasche a dimostrazione del fatto che nella vita tutto può succedere. Fotografie che lo ritraggono felice, sereno, sicuro. Che lo ritraggono vittorioso e con 40kg in meno. Fotografie che lo ritraggono mentre indossa un paio di blu jeans.

Un paio di jeans

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Jeans che rappresentano per Manuel un’ulteriore fonte di malessere. Alla mia domanda “Che cosa c’è nell’armadio di una persona obesa?” Manuel ha risposto così:

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“Nell’armadio di una persona obesa ci sono panni super larghi a causa delle difficoltà nel potersi vestire. Le taglie non sono facili da trovare e indossare indumenti come i jeans 

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Photo Credits: Laura Fasciani

è quasi impossibile. Questa è una cosa penalizzante specialmente nei momenti in cui devi andare ad una festa o ad una cena e ti ritrovi costretto ad indossare sempre le stesse cose. E’ frustrante!”

“I jeans sono la mia isola felice, quel sogno piegato nel cassetto e chiuso a chiave. Può sembrare una sciocchezza e invece non lo è. Un semplice indumento rappresenta per me il simbolo della mia felicità”

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Una bilancia 

 

Una bilancia con la quale Manuel nutre un rapporto di odio e amore. 

Photo Credits: Laura Fasciani

“Nel periodo in cui ho perso molti chili la bilancia era diventata per me una vera e propria ossessione. Mi pesavo ogni tre giorni e le mie tasche erano stracolme di scontrini della bilancia della farmacia attestanti il mio peso. Ad oggi la bilancia è un mio nemico. Come tutti i nemici non esita a sbattermi in faccia una realtà, quella del mio peso, che mi fa stare male. Per ora ci ignoriamo a vicenda, abbiamo fatto una sorta di tacito accordo che ci limitiamo a mantenere”

Un frigorifero

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Un frigorifero in cui Manuel ha per anni cercato conforto e consolazione. Il semplice gesto di apertura dello sportello rappresenta per lui lo scatenarsi di un subbuglio di emozioni in contrasto tra loro.

“Ci sono stati momenti in cui mi imponevo di non aprirlo ma poi, per quanto mi impegnassi, cedevo. Ora come ora non importa, ho smesso di sentirmi in colpa”

Per Manuel, ora più che mai, il frigorifero sembra esser diventato il suo unico vero alleato. Un compagno sempre presente e capace di soffocare le emozioni neutralizzando i sentimenti. Un gesto, quello della sua apertura, che in maniera quasi meccanica esprime una serie di consapevolezze che riflettono radici più profonde.

Una quarantena maestra di nuove consapevolezze

 

In questo viaggio introspettivo imposto dalla quarantena Manuel sta acquisendo delle nove consapevolezze e sta imparando ad amarsi di più.

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Photo Credits: Laura Fasciani

“Riesco a parlare con me stesso e a pormi degli interrogativi. Mi serviva questo assaggio di solitudine. E’ difficile per me, in questi giorni di quarantena, essere chiuso in casa con il cibo ma sto cercando la motivazione nella mia passione: la musica“

In questo valzer in quarantena fatto di paure, fragilità e nuove consapevolezze è proprio la musica ad accompagnarlo nei momenti di sconforto. C’è una strofa di Paolo Vallesi, in particolare, che Manuelcontinua a cantare a se stesso cercando di creare unponte diretto con il proprio Io:

“Anche quando ci buttiamo via per rabbia o per vigliaccheria, anche quando mangi per dolore e nel silenzio senti nel cuore come un rumore insopportabile e non vuoi più alzarti. E anche quando la speranza oramai non basterà, c’è una volontà che questa morte sfida: è la nostra dignità, la forza della vita. Quando toccherai il mondo con le dita d’un tratto sentirai la forza della Vita“

Forza che ha dato a Manuel il coraggio di parlare a “tu per tu” con tutte quelle persone che vivono nella sua stessa condizione tramite i suoi canali social

“Mi aggrappo sempre alla mia forza della vita trovando in questa lo stimolo per andare avanti. Non ho idea da dove provenga la mia forza ma so che c’è, la sento, la percepisco. Non sarà facile ma devo combattere con la mia mente, con il mio corpo, con le mie paure. C’è un mondo fuori dal nostro corpo che merita di essere vissuto. Per questo credo sia fondamentale, in certi momenti, farsi accompagnare da uno specialista anche se l’unico vero specialista per noi stessi siamo noi. Siamo noi i nostri migliori amici, siamo gli unici capaci di poter fare un’analisi completa sul nostro Io trovando le risposte di cui abbiamo bisogno“

“Tutti noi abbiamo la nostra ‘forza della vita’, si tratta solamente di capire dove (o in cosa) si trovi”

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